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Orria. L’ultimo spettacolo del Kursaal: il sogno di Erminio Passaro e il cinema di prossimità

Orria. La scomparsa di Erminio Passaro segna in un certo senso la fine del cinema di prossimità, simbolo di comunità, cultura e sogni condivisi nei borghi

Orria. L’ultimo spettacolo del Kursaal: il sogno di Erminio Passaro e il cinema di prossimità

Orria nel cuore del Cilento, tra le colline dove il tempo scorre diversamente e con lentezza, si è spento Erminio Passaro, il visionario fondatore del Cinema Kursaal. Con Lui se ne va non solo un pezzo di storia locale, ma anche l’essenza di un’epoca in cui il cinema era molto più di un semplice passatempo: era uno strumento di comunità, un veicolo di sogni, cultura e speranze. Insomma un aggregatore sociale.

Il sogno controcorrente di Erminio

Erminio Passaro, uomo era stato temprato dagli orrori di un campo di prigionia tedesco, tornò alla sua terra con una visione audace: costruire una sala cinematografica in un borgo rurale, apparentemente lontano da ogni clamore culturale. Per molti risultava un’idea folle, una sfida impossibile. Per Erminio, che conosceva il potere del grande schermo, avrebbe rappresentato una missione.

La nascita del Kursaal

Così nacque il Cinema Kursaal, una struttura moderna e accogliente che, per decenni, sarebbe diventata il fulcro culturale e sociale del territorio cilentano. Qui, tra gli anni Cinquanta e Settanta, intere generazioni hanno scoperto l’universo affascinante della settima arte: dal neorealismo al western, dai kolossal epici ai cinegiornali che aprivano una finestra sul mondo per un pubblico spesso escluso o ai margini dall’informazione.

La proiezione come evento

Ogni proiezione era un evento. Nonni, padri e figli si riunivano in quella sala come in un rito collettivo, spezzando l’isolamento cronico delle colline cilentane e alimentando una sete di conoscenza che superava i confini del piccolo borgo e si apriva a quel mondo che Carlo Levi aveva fermato a Eboli, quasi per metafora.

Il declino dei cinema di prossimità

Oggi, però, il Kursaal è silenzioso. La sua riapertura straordinaria, questa estate per una rassegna come scrive “Repubblica“, aveva acceso per un momento i riflettori su una ferita aperta: la progressiva scomparsa dei cinema di prossimità, travolti dall’ascesa delle moderne e confortevoli multisale e, più recentemente, dallo streaming online.

Perdita dei luoghi e dell’identità

La perdita di luoghi come il Kursaal non è solo una questione di modernità o progresso tecnologico. È una frattura sociale che si avverte maggiormente nei piccoli borghi, dove il cinema non era solo uno spazio di intrattenimento, ma un avamposto, un presidio culturale e umano. Era in questo spazio ristretto che le persone si incontravano, condividevano emozioni, discutevano delle storie viste sullo schermo come fossero parte della loro stessa vita, nel buio della sala che spesso nascondeva lacrime ed emozioni altrimenti non palesi sopratutto sotto la scorza dei forzuti lavoratori dei campi, quella classe contadina che un po si rivedeva nei film del neo realismo.

L’esperienza di oggi

Oggi, l’esperienza cinematografica si è atomizzata: il grande schermo ha ceduto il passo agli smartphone, ai tablet, agli algoritmi che suggeriscono cosa guardare. Il cinema, da rito collettivo, è diventato un consumo individuale, privato, spesso privo del calore umano che lo rendeva unico, che apriva al dibattito critico. Ricordiamo Fantozzi e la “Corazzata Potëmkin” il cinema nel cinema rivisto con graffiante ironia da Paolo Villaggio.

Un futuro senza nostalgia

La storia di Erminio Passaro e del suo Kursaal è anche una riflessione su ciò che abbiamo perso. Non si tratta di un nostalgico rimpianto per un passato idealizzato, ma di una domanda urgente: come possiamo preservare il valore collettivo della cultura in un’epoca dominata dalla tecnologia?

La risposta potrebbe risedere proprio nel recupero di quegli spazi “di prossimità”, reinventandoli per rispondere alle nuove istanze sociali, come nuovi “hotspots” sociali. Non si tratta certamente di competere con le piattaforme digitali, ma di offrire esperienze che il digitale non può assolutamente replicare: il contatto umano, la condivisione, la suggestione e l’emozione irripetibile del buio in sala, dei bambini che avevano paura di quel breve buio prima dei titoli di apertura.

Erminio Passaro ha certamente insegnato che il cinema può essere molto più di un’industria. È arte, educazione, sogno. E anche se il suo Kursaal pare avere chiuso definitivamente il sipario, il suo esempio resta vivo, a ricordarci che, in ogni angolo del mondo, c’è sempre spazio per una visione capace di accendere i sentimenti e la ragione delle persone. Il sogno di Erminio di certo non si non si spegne.

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Luciano Verdoliva
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