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Natale: un non-luogo tra memoria e oblio, regole per riscoprirlo

Il Natale sembra perdere calore e tradizioni, ma può tornare autentico riscoprendo socialità, memoria e valori condivisi

Un’atmosfera sbiadita

C’è un tempo sospeso, quello del Natale, che riempiva le strade di calore, odori familiari, suoni di risate e tradizioni condivise. Oggi, però, quel tempo sembra essersi smarrito, perduto tra l’efficienza della modernità e il cambiamento degli stili di vita. Il Natale, che era l’apice della socialità, appare sempre più vuoto, relegato al ruolo di formalità sul calendario, privo di quel senso di appartenenza che lo rendeva unico.

Percorrendo le strade, l’atmosfera di festa sembra rarefatta. Le luminarie, ormai dominate dalle fredde tonalità dei LED, illuminano senza scaldare. I colori sono essenziali, talvolta addirittura stilizzati, come a riflettere un mondo che non ha più il tempo di fermarsi a contemplare. Persino gli odori, quei profumi evocativi che accoglievano i passanti – il muschio fresco del presepe, il dolce aroma delle castagne, del torrone, dei borccoli e delle pigne abbrustolite – sono stati surrogati e sostituiti da essenze sintetiche o, in alcuni casi, da fragranze etniche che raccontano la mescolanza dell’attuale presente.

La perdita della socialità

Il dato più significativo risulta la perdita della socialità. Un tempo, il Natale era il momento delle comitive, delle piazze animate da risate, delle tombolate rumorose e dei giochi di società che erano da connessione tra generazioni. Oggi, queste tradizioni appaiono rarefatte e lontane. Le piazze delle città registrano sempre più vuoti, popolate al massimo da pochi anziani che osservano, forse con una vena di malinconia, un mondo che li ha relegati ai margini, mentre tutto scorre con liquidità.

Il presepe e l’albero: simboli in declino

E il presepe? Simbolo di spiritualità e cultura, un tempo centro delle case e delle comunità, oggi viene relegato al ruolo di oggetto nostalgico, capace di innescare la commozione solo tra le generazioni più vissute. Per i più giovani, spesso è un’immagine da Instagram, lontana dall’intimità di un rito familiare. Anche l’albero di Natale ha subito la sua negativa trasformazione: da simbolo di festa e abbondanza, spesso carico di decorazioni fatte a mano e memorie, è diventato oggetto ornamentale, essenziale, stilizzato, talvolta quasi un  totem anonimo: un complemento d’arredo temporaneo.

Un “non-luogo” senza emozioni

Contestualmente, il Natale rischia di diventare un “non-luogo”. Non più un momento di condivisione, ma un evento spersonalizzato, una delle molteplici occasioni di consumo che scorre velocemente verso il nuovo anno, senza lasciare un segno, senza fermare il tempo per riflettere. La letterina dei bambini è diventata un modello di default.

Un invito alla riscoperta

La speranza resta che  il Natale possa ancora essere l’occasione per riscoprire le cose che si sono smarrite: il valore delle tradizioni, il calore delle relazioni autentiche, la bellezza di un tempo dedicato agli altri. Perché il Natale, nel suo significato più profondo e intrinseco, non è fatto di luci fredde o alberi stilizzati, ma di umanità, di memoria e di speranza.

Resta forte la necessità di ritrovarne il senso profondo. Nell’intimità delle case, nelle piazze da ripopolare, nelle mani, profumate di buccia di mandarino, che si stringono attorno a una tombola o si posano sul muschio del presepe. Natale non deve essere solo una data commerciale da calendarizzare con il Black Friday o Halloween: è uno spazio da abitare, una cultura da preservare, un’emozione da vivere e sentire con intensità. Per tornare a essere davvero una festa, si deve avere, sopratutto, il coraggio di riscoprirlo senza eufemismi.

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Luciano Verdoliva
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