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Angri: edilizia popolare ferma ma aumenta il consumo del suolo

Ad Angri l’edilizia popolare è ferma da anni, mentre il consumo di suolo cresce senza piani concreti per le fasce deboli.

Un problema irrisolto da oltre vent’anni

Nell’ultimo ventennio, il problema abitativo ad Angri si è aumentato esponenzialmente, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. Il blocco quasi totale dell’edilizia popolare e convenzionata ha lasciato spazio a un’espansione edilizia di iniziativa privata, spesso a scapito delle poche aree verdi rimaste, sia nel centro storico che nella periferia agricola. Il Piano Urbanistico Comunale (PUC) ha indubbiamente favorito l’edilizia privata, mentre progetti che prevedevano la riserva di alloggi popolari nelle ex aree industriali M.C.M. (60 mila mq) e nei terreni espropriati nel post – terremoto del 1980 sono rimasti fermi.

Il Consiglio comunale del 27 febbraio scorso aveva all’ordine del giorno un punto relativo alla verifica delle aree destinate alla residenza e alle attività produttive, suscitando speranze tra coloro che da anni attendono la possibilità di acquistare una casa in cooperativa. Tuttavia, il presidente della Cooperativa Sirio, sulle pagine del mensile “Angri 80”, Gerardo Rizzano, ha espresso il suo disappunto per il mancato sviluppo concreto della questione, sottolineando come le risposte istituzionali confermino lo stallo burocratico. L’ufficio competente avrebbe ribadito che il Comune non dispone di lotti da assegnare per edilizia popolare, rendendo sempre più incerto il futuro delle famiglie in difficoltà.

Consumo di suolo e impatti economici e ambientali

La crisi abitativa ad Angri si intreccia con un problema più ampio: il consumo di suolo. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha evidenziato come in Italia ogni giorno vengano persi 20 ettari di terreno a causa di nuove costruzioni, generando danni economici superiori ai 400 milioni di euro l’anno. In questo contesto, il Comune di Angri ha deciso di monetizzare le aree che avrebbero dovuto essere destinate a verde pubblico e appartamenti per le famiglie meno abbienti, vendendole sul mercato. Un esempio emblematico, per la storica testata angrese, resta la vicenda dell’ex opificio Raiola in via E. Fermi, dove le abitazioni inizialmente previste per scopi sociali sono state commercializzate, anche per la quota comunale.

La mancanza di un piano strategico di edilizia popolare e il continuo sacrificio di spazi pubblici rendono sempre più urgente una riflessione sulla gestione del territorio, soprattutto in vista delle prossime elezioni amministrative, quando i cittadini potranno scegliere una classe dirigente davvero capace di affrontare questa emergenza con soluzioni concrete e sostenibili.

Spazi urbani: quando i cortili erano il cuore della socialità

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