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Battipaglia, il Comune conferma ordinanza anti-fave

Battipaglia. L’ordinanza comunale vieta coltivazioni e vendite in ampie aree urbane. Una misura preventiva per proteggere i cittadini affetti da favismo.

Divieto rinnovato su gran parte del territorio urbano

Il Comune di Battipaglia ha rinnovato l’ordinanza che vieta la coltivazione e la vendita di fave e piselli in numerose zone del territorio comunale. Il provvedimento, ormai strutturale, mira a tutelare le persone affette da favismo, una patologia genetica causata dalla carenza dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), che può provocare gravi crisi emolitiche se esposte a sostanze ossidanti come quelle presenti nei legumi incriminati.

Zone interessate e obblighi per cittadini e commercianti

Il divieto si applica a vie come via Clarizia, via Campania, viale della Pace, ma anche ai quartieri Taverna delle Rose e Belvedere, estendendosi a qualsiasi area entro 300 metri da scuole, luoghi di culto, uffici pubblici e cimiteri. Le coltivazioni eventualmente presenti in queste aree dovranno essere eliminate entro cinque giorni dall’affissione dell’ordinanza.
Inoltre, è fatto obbligo di segnalare con cartelli visibili ogni attività di vendita o trattamento dei legumi anche nelle zone consentite. I prodotti devono essere preconfezionati e conservati in contenitori chiusi.

Una misura precauzionale tra prevenzione e dibattito scientifico

L’ordinanza si fonda su un principio di massima precauzione, sottolineando che l’esposizione anche al solo odore o polline delle fave potrebbe scatenare reazioni pericolose nei soggetti vulnerabili. Tuttavia, diversi studi più recenti ridimensionano il rischio, sostenendo che i pollini non contengono le sostanze tossiche (vicina e convicina) responsabili delle crisi emolitiche.
Resta però una preoccupazione diffusa tra le famiglie, che chiedono alle istituzioni di mantenere alta l’attenzione per evitare conseguenze gravi.

Battipaglia in linea con altre città italiane

Battipaglia si unisce così ad altri comuni italiani che hanno adottato ordinanze simili, dimostrando un atteggiamento prudente e orientato alla tutela della salute pubblica. Sebbene il dibattito scientifico resti aperto, la linea dell’amministrazione è chiara: prevenire è meglio che curare, soprattutto quando si tratta di condizioni genetiche come il favismo che non offrono margini di errore.

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