L’alba di Pasqua e il ritorno dei ricordi
Nocera Inferiore. Nella sua lettera pasquale, il Vescovo di Nocera Inferiore – Sarno racconta un’alba speciale tra memoria, silenzio e speranza nella Risurrezione. «Sono uscito presto stamattina», scrive il Vescovo Giuseppe Giudice, «accompagnato da un leggero vento primaverile, dal profumo dei fiori e della vita che ricomincia ogni giorno». Il giorno di Pasqua comincia con un’intima passeggiata verso il cimitero, mentre le campane suonano in lontananza.
«Mi raggiunge un suono festoso di campane che, sull’onda dei ricordi, mi riporta lontano, alle tante Pasque della mia vita». Anche chi non comprende il significato della festa – osserva il Vescovo – “si accorge che è un mattino speciale; sì, è il grande giorno di Pasqua, il giorno fatto dal Signore, il giorno del Sepolcro trovato vuoto”.
Una visita al cimitero, tra silenzio e attesa
L’alba di Pasqua è segnata da una visita ai defunti, a “quanti hanno celebrato l’ultima Pasqua nel tempo”. Nel silenzio del camposanto si percepisce una quiete sospesa, amplificata dalla luce del giorno nascente: «Il chiarore dell’alba non contrasta con il silenzio austero del cimitero, anzi ne illumina e amplifica il senso di quiete, di pace, di attesa e di riposo».
E dietro quel cancello – nota il Vescovo – ci sono “quanti sogni infranti, quante storie interrotte bruscamente, quanti giovani, fiori colti negli anni migliori”. Il dolore si fa tangibile, ma è proprio lì che il messaggio pasquale deve essere proclamato: “Come annunciare, dinanzi a questa distesa di morte, con rispetto e audacia, che Cristo è Risorto?”
Il messaggio della Maddalena e la fede della Chiesa
«Nel silenzio delle prime luci dell’alba», scrive Giudice, «mi sembra di ascoltare un coro, eco delle parole della Maddalena: Hanno portato via il mio Signore». È il grido dell’umanità che cerca senso nella perdita, nell’assenza, nel dolore.
Ma la risposta della Chiesa, nell’Anno Giubilare, è chiara e fiduciosa: «Non è qui, è risorto!». È l’annuncio che sfida la morte e la trasforma. «Forse so che è risorto Cristo, il Capo – confessa il Vescovo – ma le membra ancora dormono, attendono». La speranza è quella “di ritrovarli, riabbracciarli, riconoscerci in un dove che sarà anche un quando”.
Il Risorto chiama per nome
Proprio come accadde a Maria nel giardino, è la voce del Risorto a fare la differenza. «Non è il giardiniere, è il Maestro», scrive Giudice, «che conosce il mio nome e mi chiama per nome. Ed io mi sento riconosciuto ed amato».
Il Vescovo descrive il momento della rivelazione: «Prima spaesato come in mezzo alla folla, ed ora riconosciuto da Colui che viene a custodire, non il giardino, ma la speranza certa nella mia vita».
Dal cimitero alla vita: la speranza che non marcisce
«Esco sereno dal cimitero», confida il Vescovo, «masticando il dolce frutto della speranza che non marcisce». L’incontro con un bambino, felice con il suo uovo di Pasqua, gli appare come il segno visibile di una vita che va avanti, in attesa delle sue sorprese.
«La gente si scambia gli auguri pasquali, sapendo o non sapendo, ma sempre sperando che in quelle parole si nasconda il senso vero del vivere e del morire».
E conclude: «Ora è più facile ripeterlo alle persone che incontro… non solo con le parole, ma con lo sguardo, i gesti, le azioni. Uscire dal camposanto e riprendere le opere e i giorni, sorridendo, dando ragione alla speranza che mi abita».
Il suono delle campane, ancora
Nel congedo, le parole si fanno benedizione e promessa: «Nella gioia del mattino pasquale, sgorgata dalla Croce, mentre tanti pensieri di vita e di morte si affollano in noi, ancora mi raggiunge, come un’àncora, quel suono festoso delle campane di Pasqua». “Vi benedico. Alleluia!” chiude il messaggio del Vescovo Giuseppe Giudice.
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