Un gesto che nasce dal silenzio
Nei tempi segnati da individualismo e auto referenzialità, c’è ancora chi sceglie di agire in silenzio, lontano dai riflettori. È il caso di alcuni giovani che all’interno del perimetro della chiesa evangelica di via Papa Giovanni XXIII ad Angri, ieri pomeriggio hanno allestito una sorta di “bazar della solidarietà” per le persone in difficoltà. Nessuna pubblicità, solo l’intenzione autentica di offrire qualcosa a chi non ha nulla.
Una “Porta Portese” del cuore
L’iniziativa, spontanea e autogestita, ha trasformato un angolo della zona in un piccolo spazio dove chiunque può prendere, senza dover chiedere, ciò di cui ha bisogno. Un gesto semplice ma profondamente umano: abiti, scarpe, oggetti quotidiani, tutti disponibili gratuitamente per chi versa in condizioni di disagio. La solidarietà, qui, si misura nella discrezione, non nei “mi piace” dei social.
Una carità che non ha bisogno di clamore
I promotori hanno scelto di non apparire, preferendo restare anonimi. Una scelta che rende ancora più autentico il gesto: la carità vera non si ostenta, si vive. Un cittadino, colpito dall’iniziativa, ha voluto raccontarcela affinché il valore di questa azione potesse ispirare altri. E così, quella che poteva restare una storia privata diventa un potente esempio collettivo.
Contro lo spreco, per la dignità
Il piccolo bazar rappresenta anche un atto concreto contro lo spreco: oggetti ancora utili trovano nuova vita e aiutano chi vive nella precarietà. È un invito implicito a non restare indifferenti, a fare rete, a credere nella forza delle comunità. “Chi ha bisogno prenda, chi può donare lo faccia”: uno slogan semplice, potente, umano.
Un inizio che può diventare contagioso
Ciò che ieri è nato in una strada di Angri, domani potrebbe germogliare altrove. I piccoli gesti, quelli veri, sanno generare movimento. Questi giovani hanno acceso una commovente scintilla e, forse, hanno involontariamente già innescato la costruzione di una nuova forma di comunità, fondata su rispetto, ascolto e solidarietà. E questo, oggi, vale più di mille parole e più di centinaia di “mi piace” spesso riflesso di un impulso senza ragione.