Corruzione e clientelismo: il declino di una classe politica senza visione
Campania. Due inchieste, un’unica diagnosi. Gli arresti del sindaco di Sorrento, e dell’ex sindaca di San Vitaliano, portano alla luce non solo reati individuali ma un malessere sistemico: l’assenza di una cultura politica solida, sorretta da valori, progettualità e senso civico. In Campania – come altrove – troppe amministrazioni locali si muovono in un vuoto ideologico e morale, dove l’interesse pubblico viene sistematicamente subordinato a quello privato.
La fame di potere e di stipendio
Questa degenerazione ha una radice precisa: l’amministrazione pubblica è diventata, per molti, solo un mezzo di sussistenza. In contesti dove il lavoro scarseggia e le competenze non sempre premiano, il ruolo di assessore o consigliere comunale rappresenta una “sistemazione”, un reddito sicuro e, per alcuni, anche una via privilegiata per entrare in relazioni clientelari o per gestire direttamente risorse pubbliche. Così, chi amministra spesso non lo fa per una visione della città o del territorio, ma per bisogno, ambizione personale o semplice appartenenza a un blocco di potere.
Il collasso del riferimento politico
Un tempo, anche nei piccoli comuni, la politica aveva un’anima, che fosse democristiana, comunista, socialista o altro. Esistevano visioni alternative di società e comunità, strumenti di formazione politica, militanze, scuole di partito, dibattiti. Oggi tutto questo è evaporato. Il vuoto è stato riempito da comitati elettorali, liste civiche “usa e getta”, coalizioni costruite sull’opportunismo e non sulla coerenza. In questo deserto, il consenso non si costruisce con le idee, ma con le promesse – spesso informali, clientelari, opache che parlano alla pancia.
I danni alla collettività
Quando la politica perde la sua funzione nobile di guida, rappresentanza e sintesi dei bisogni, l’interesse collettivo viene abbandonato. Si governa male, senza pianificazione, senza programmazione pluriennale, senza attenzione ai beni comuni. Peggiorano i servizi, si bloccano le opere pubbliche, cresce la sfiducia dei cittadini, alimentando un circolo vizioso in cui la cosa pubblica è sempre più “cosa di nessuno”. E in questo vuoto cresce il rischio che i più furbi, i più spregiudicati o i più affamati usino il potere non per amministrare, ma per sfruttarlo.
Verso una rifondazione?
La lezione è amara, ma necessaria: non può esserci buona amministrazione senza una rigenerazione etica e politica profonda. Serve ripartire da percorsi di formazione, da esperienze associative, dal confronto tra visioni, dalla cultura della legalità. Vanno reclutati cittadini attivi, vigili, coinvolti. Perché quando la politica si riduce a calcolo personale, finisce per svuotare la democrazia e, inevitabilmente, per scivolare in una zona nebulosa.