Arresti e perquisizioni: 16 misure cautelari
Un’operazione della Guardia di Finanza ha scardinato un presunto sistema di corruzione radicato nel Comune di Sorrento. Il provvedimento ha portato a 16 arresti, di cui 11 in carcere e 5 ai domiciliari. L’inchiesta ha acceso i riflettori su un vero e proprio “sistema di potere” che, secondo la magistratura, agiva in modo simile a una consorteria criminale, inquinando la gestione della cosa pubblica e degli appalti, compresi quelli finanziati con fondi PNRR e FESR per oltre 35 milioni di euro.
La denuncia di un imprenditore esasperato
L’elemento scatenante dell’inchiesta è stato un imprenditore locale, arrivato al punto di minacciare il suicidio a causa delle pressioni subite per il pagamento di tangenti. È stato lui, in preda alla disperazione, a rivolgersi direttamente alla Procura chiedendo aiuto immediato. L’intervento tempestivo ha permesso l’arresto in flagranza di un esponente istituzionale il 21 maggio scorso. Da lì si è sviluppata una rete di intercettazioni e verifiche che ha fatto emergere un sistema sistematico di richieste illecite legate all’affidamento di lavori pubblici.
Tangenti, sim fantasma e incarichi truccati
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati utilizzavano sim telefoniche intestate a cittadini extracomunitari – chiamate “canarini” – per comunicare in modo riservato. Questi telefoni venivano impiegati per trattare in modo diretto le percentuali di tangenti da applicare sui singoli appalti, oscillanti tra il 6% e il 10%. All’interno delle conversazioni, le modalità di spartizione venivano affrontate con disinvoltura, lasciando intendere l’abitualità del comportamento anche in altri comuni. La Procura, infatti, ha avviato ulteriori approfondimenti su altri territori potenzialmente coinvolti.
Una macchina amministrativa piegata
Il sistema individuato si reggeva anche sulla collaborazione consapevole di alcuni funzionari pubblici e componenti delle commissioni giudicatrici, pronti ad assecondare gli indirizzi imposti dall’alto. In tal modo si pilotavano gli esiti delle gare per garantire ritorni economici sistematici agli amministratori coinvolti. La gravità delle accuse ha spinto il gip a disporre misure cautelari senza interrogatori preventivi, per evitare il rischio di inquinamento probatorio.
Una “contaminazione del sistema burocratico”
Parole durissime sono arrivate dalla Procura che ha parlato apertamente di una “contaminazione del sistema burocratico locale”, avvicinando le modalità operative al metodo mafioso. L’intero impianto accusatorio – 14 capi d’imputazione e 36 appalti sotto la lente – dipinge un quadro allarmante sullo stato della pubblica amministrazione in un contesto che dovrebbe invece rappresentare un’eccellenza del territorio campano.