Il sindaco in corteo
Il sindaco uscente di Angri, Cosimo Ferraioli, ha deciso che la città stretta tra via Zurlo e piazza Doria non basta più. Ora il suo orizzonte si allunga fino al Colosseo, dove ha marciato con Marco Rizzo e Francesco Toscano contro l’Europa del riarmo. Non è un semplice atto politico: è la mise en scène di un primo cittadino che dopo undici anni di amministrazione tutta da rendicontare, tra polemiche e una maggioranza asservita e claudicante, si immagina già protagonista di un epico “Fuori dall’Europa”.
Ambizioni da granducato a impero
Ferraioli, che per due interminabili lustri ha amministrato Angri come un piccolo granducato in autogestione, ora sembra pronto a vestire i panni dell’imperatore mancato. Dopo aver spezzato da tempo la filiera istituzionale regionale e nazionale, pare puntare a ricollocarsi in un movimento più ampio. Il tono è quello delle grandi adunate, con lo stesso sindaco che evoca i “cinquemila in corteo” come se Roma fosse stata conquistata da un esercito partito direttamente dalla piazza Doria. Una narrazione che mescola mito personale e nostalgie sovraniste, dove il provinciale ora si veste da globale. Il trendy della politica.
Una città lasciata al caos
Mentre il “sovrano” sfila inneggiando tra gli archi e le rovine romane, ad Angri regna il disordine e la monnezza. La sua maggioranza, che per anni ha galleggiato più che amministrato, si è ormai frantumata in una diaspora senza volto né un preciso programma di continuità. Non c’è un nome forte per la sua sostituzione, solo improvvisate comparse che si guardano in cagnesco per spartirsi quello che resta. Nel frattempo, Ferraioli si affaccia a nuovi scenari, come se il peso degli undici anni non fosse il bilancio di una città smarrita ma il trampolino per una carriera da “statista di periferia”.
Ironie di un epilogo
Così, Ferraioli che si presentava come “l’uomo del fare” finisce immortalato come “l’uomo del corteo”. Dall’autonomia del comune al sogno di un’Italia fuori dall’Europa, la traiettoria resta la stessa: grandi annunci, poca sostanza, e il gusto per il palcoscenico. Angri, intanto, rimane in attesa, tra la cronaca di un’uscita di scena e l’amara consapevolezza che il suo “granducato”, eufemisticamente parlando, si è trasformato in una corte priva di eredi e di continuità.
Una città in attesa
Così Cosimo Ferraioli, dopo undici anni di governo, dall’“uomo del fare” ha questa opportuna catarsi, immortalato come “l’uomo del corteo”: Ha forse volutamente scelto il proscenio populista romano per rivendicare una militanza più grande del perimetro cittadino. La sua figura, per undici anni poggiata dietro la scrivania oggi possente, si staglia dietro il Colosseo, mentre Angri resta incatenata a un presente insignificante e a un futuro incerto. Un paese che sembra logorato da equilibri sfilacciati e da una diaspora amministrativa che per assioma sembra più una diaspora medievale che un contesto che dia vita a un vero e proprio un ricambio politico.
La marcia antieuropeista diventa allora il contrappunto simbolico di un sindaco che cerca un una nuova collocazione, uno status da resettare, mentre lascia dietro di sé una fragile cittadinanza senza voce, sospesa tra stanchezza e delusione per “gli orizzonti di attesa”. Una distanza, non solo fisica, quasi teatrale, dove si consuma il paradosso: il “granducato di Angri” sopravvive ancora, ma con mura ormai incrinate e con il suo sovrano “per caso” che già guarda a a corti ben più importanti.
Villaggio della prevenzione al Consorzio di Bonifica Sarno (video)













