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Allagamenti tra Angri, Pagani e Scafati: la verità nascosta sotto le strade

Non basta accusare i Comuni: reti, sottoservizi e mancati controlli tecnici aggravano i rischi di inondazioni urbane sempre più frequenti.

Gli allagamenti tra Angri, Pagani e Scafati. Le piogge intense mostrano criticità strutturali: manutenzione inadeguata, sotto servizi mal gestiti e scarsi controlli trasformano le strade in bacini d’acqua.

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Un fenomeno che mette alla sbarra le amministrazioni

Gli ultimi allagamenti che hanno colpito in particolare Angri, Pagani e Scafati hanno riacceso il dibattito pubblico e politico sulle responsabilità. Nel mirino puntualmente finiscono quasi sempre, come da canovaccio, e in modo immediato le amministrazioni comunali, che sarebbero le principali responsabili, secondo chi accusa, della mancanza di efficaci e validi piani di prevenzione. Ma questa lettura, seppur comprensibile di fronte alle immagini di strade trasformate in torrenti, rischia di essere soltanto parziale e di fuorviare. Alla radice del problema, infatti, c’è molto di più di una semplice gestione amministrativa mancante o insufficiente.

La vera causa: sotto servizi e manutenzione carente

Gli allagamenti non dipendono soltanto dall’intensità delle precipitazioni, ma soprattutto dalla cattiva manutenzione e, ancor più, dalla messa in opera dei sotto servizi realizzati da terzi: dai gestori delle reti sottostanti. Reti elettriche, telefoniche, del gas e idriche si intrecciano, anche in maniera confusionale e contorte, sotto le strade, spesso senza un coordinamento complessivo né controlli adeguati della loro messa in opera.

Il fattore aggravante aggiunto deriva anche dallo scarso rigore degli uffici tecnici comunali, che dovrebbero vigilare sui ripristini stradali successivi ai lavori. Il risultato è che troppe strade vengono richiuse “alla meglio”, con ripristini parziali e poco accurati, che finiscono per compromettere anche l’intero e precario sistema di drenaggio.

Il ruolo decisivo delle caditoie

Le prime a cedere alla pressione dell’acqua sono caditoie, chiusini e tombini. Spesso otturati dalla posa dell’asfalto durante i rifacimenti del manto stradale, o addirittura occlusi da materiali di risulta, smettono di svolgere la loro funzione di raccolta delle acque. Quando arrivano piogge abbondanti, l’acqua non trova vie di smaltimento efficaci e si riversa sulle carreggiate, trasformando le strade in veri e propri specchi d’acqua. Non si tratta solo di un disagio momentaneo legato alla situazione meteo: diventa un pericolo concreto per la circolazione, con conseguenze potenzialmente critiche per la circolazione tout court.

Una questione di controllo e responsabilità

Ciò che manca, più che le dichiarazioni d’intenti, è un sistema di controllo serio e continuativo. I responsabili dei procedimenti, gli uffici tecnici e gli stessi gestori di rete dovrebbero garantire che i lavori di posa e di ripristino non compromettano la funzionalità delle reti di smaltimento delle acque piovane e reflue. Invece resta prassi procedere in maniera frammentaria, con interventi scollegati e senza la necessaria visione d’insieme.

Le conferenze dei servizi che non si fanno

Un’altra lacuna evidente è la mancanza di comunicazione tra enti e società, l’assenza minima di conferenze dei servizi. Tavoli di concertazione tra amministrazioni, gestori di rete e responsabili tecnici permetterebbero di pianificare in modo coordinato gli interventi, prevenendo criticità future. Eppure, nella pratica, questi momenti di confronto restano troppo spesso sulla carta, come gabbie burocratiche firmate. Nella filiera del disagio a farne le spese sono i cittadini, costretti a convivere con strade che alla prima pioggia si trasformano in bacini di raccolta.

La necessità di una prevenzione strutturale

Per invertire davvero la rotta, la chiave sta nella prevenzione e nella progettazione. Non basta intervenire dopo l’emergenza, ma occorre impostare un sistema che unisca manutenzione costante, vigilanza rigorosa e ripristini corretti. Questo significherebbe garantire strade dotate di un efficiente sistema di drenaggio, capace di resistere anche alle piogge sempre più intense che interessano la regione. La concertazione tra enti e gestori diventa dunque un nucleo fondamentale: senza una visione comune, ogni intervento rischia di essere inefficace o, peggio, controproducente.

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La richiesta dei cittadini: sicurezza e civiltà

Oggi la domanda che arriva dai cittadini non è più rinviabile. Vivere in un territorio civile e sicuro significa non doversi preoccupare, a ogni pioggia, di finire con l’auto intrappolata in un lago improvvisato. Fondamentale resta dunque poter contare su amministrazioni capaci di vigilare e su gestori di rete che operano con responsabilità. Non è solo una istanza tecnica, ma una questione di fiducia tra amministrazione e cittadini.

Oltre l’emergenza, la sfida del futuro

Il cambiamento climatico e l’intensificazione degli eventi atmosferici rendono la questione ancora più urgente. Immaginare che si tratti solo di un problema di tombini ostruiti è riduttivo. È fondamentale ripensare in profondità la gestione delle reti urbane, in un contesto di prevenzione, sicurezza e di sostenibilità. Senza questo anello gli allagamenti continueranno a ripetersi, con conseguenze sempre più gravi. Le amministrazioni comunali, i tecnici, oggi più che mai, sono chiamati a compiere questo passo in avanti, questo aggiornamento. Non si tratta di cercare colpevoli, ma di promuovere, nella sua accezione pura, una responsabilità condivisa. Perché la civiltà di un territorio si misura anche da come riesce a tenere asciutte e sicure le sue strade nei momenti critici.

Villaggio della prevenzione al Consorzio di Bonifica Sarno (video)

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Luciano Verdoliva
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