Emergenza idrogeologica senza tregua nella periferia angrese. Gli allagamenti di via Orta Longa diventano un incubo quotidiano
Un territorio esasperato
Da tempo via Orta Longa, lungo la Strada Provinciale 185, vive un rapporto sempre più conflittuale con l’acqua. Ogni episodio di maltempo diventa una prova di resistenza per gli abitanti e le attività locali, costretti ancora una volta ad affrontare un fenomeno che ha ormai perso i connotati dell’eccezionalità: gli allagamenti. È un triste e irreversibile copione che si ripete, ma che in questi giorni assume un’intensità nuova, più cupa, quasi definitiva. La popolazione parla di esasperazione, di famiglie braccate dalla piena che avanza veloce tra le carraie, ingressi e terreni, ricordando, con immagini affidate alla rete dei social, a tutti quanto questo tratto di periferia di confine con Scafati sia diventato, nel tempo, un vero corridoio alluvionale.
La strada, completamente invasa dall’acqua, ritrova così la sua condizione più nota: una depressione naturale, esposta e vulnerabile, dove ogni tentativo mitigante riesce solo a rallentare, mai a neutralizzare, una dinamica idrica ormai fuori controllo. Qui la battaglia sembra consumarsi tra l’ostinazione degli abitanti e la forza idraulica di un’area che cede, che si abbassa, che affonda letteralmente verso l’inferno, a ogni scroscio di pioggia.
Ipotesi tecniche e responsabilità diffuse
Negli ultimi anni si è fatto strada un interrogativo sempre più ricorrente: perché il problema è peggiorato? Tra le ipotesi circolate, una riguarda la vicina area PIP di Taurana, realizzata, da AgroInvest, nei primi anni di questo secolo e spesso indicata come possibile concausa del mutato equilibrio idrogeologico. I tecnici, tuttavia, mantengono un atteggiamento prudente, sottolineando come la situazione sia più complessa di una singola variabile. Le trasformazioni del suolo, la riduzione delle superfici permeabili, l’assetto dei canali e degli affluenti del Fiume Sarno, spesso ostruiti anche dalla mano umana, la conformazione della piana e la sua naturale lentezza nello smaltimento delle acque compongono un ecosistema fragile, stratificato e difficilmente modificabile.
L’esondazione degli affluenti del fiume aggiunge ogni volta un tassello di instabilità. La rete di drenaggio, già sotto pressione, non regge l’urto della piena e l’acqua si espande velocemente, occupando ogni spazio disponibile. È una dinamica ciclica, quasi ritualizzata, che trasforma la periferia in un grande bacino temporaneo. Più che un’anomalia, oggi appare come una struttura, una condizione permanente.
Risorse insufficienti e fragilità conclamata
In questo scenario le amministrazioni locali si muovono dentro confini stretti, quasi azzardando, segnati soprattutto dalla scarsità delle risorse. La Regione Campania, chiamata più volte a intervenire con opere strutturali, si confronta con disponibilità economiche insufficienti e con la necessità di distribuire interventi su un territorio regionale altrettanto complesso e vulnerabile. Gli interventi già messi in campo, seppur utili nel breve periodo, non sono riusciti a restituire sicurezza né stabilità idrogeologica alla zona, che continua a rispondere alle piogge con la stessa drammatica prevedibilità.
L’area, classificata come delicata sotto il profilo geologico, sembra sospesa tra emergenze improvvise e una cronicità che nessuna opera a medio termine è riuscita a porre almeno qualche rimedio. Il terreno cede, si imbibisce con facilità, perde ogni capacità di assorbimento. Le abitazioni diventano isole temporanee, palafitte arrangiate, in un mare d’acqua marrone che avanza da fossi saturi, canali colmi, impluvi sepolti dal tempo e dall’incuria.
Una comunità che attende risposte
Nel frattempo, la gente continua a convivere con un disagio che supera tanto la dimensione pratica. Le famiglie manifestano una paura costante, il timore che la prossima pioggia possa trasformarsi nell’ennesima violenta invasione d’acqua. Le testimonianze si moltiplicano, chi ci vive non chiede più aiuto ma cerca soluzioni momentanee, ma ciò che manca alla base di ogni ragionamento è un progetto organico, un ripensamento complessivo dell’area, una visione capace di ristabilire un equilibrio idrogeologico oggi compromesso.
Via Orta Longa non chiede solo interventi palliativi, ma un linguaggio nuovo, un’attenzione diversa, una strategia che guardi oltre l’emergenza e affronti la radice di una fragilità che non è più episodica, ma cronica e strutturale. Il territorio, ormai stremato, continua ad affondare. Ma la sua richiesta resta limpida, urgente, impossibile da ignorare: smettere di sopravvivere e cominciare, finalmente, a essere messo il più possibile in sicurezza.
Messa in sicurezza a Gaiano, intervento del Consorzio di Bonifica (video)













