Un sistema che non vede gli invisibili
A guardarlo da vicino, il mondo delle fragilità ad Angri assomiglia sempre più a un teatro dell’assurdo. Persone ai margini, episodi inquietanti che si ripetono, vite che scivolano nell’ombra senza che ci sia un presidio stabile capace di intercettarle. Nessun j’accuse gratuito, ma un dato strutturale: il modello delle consortili, nato per rafforzare l’azione sociale, finisce per trasformarsi in un contenitore inefficiente, più attento alle logiche amministrative che ai bisogni concreti.
Dai piani di zona alle aziende consortili
Un tempo “piani di zona”, oggi “aziende consortili”. La metamorfosi semantica non ha coinciso con un necessario progresso sostanziale. Anzi: l’apparato è divenuto un ingranaggio burocratico, dominato dai sindaci, veri detentori del “piano industriale” del welfare. Gli assessori delegati restano figure ancillari, spesso ridotte a semplici esecutori di decisioni calate dall’alto, imbrigliati nelle logiche dei numeri e degli equilibri, mentre operatori sociali e psicologi fanno fatica ad arginare queste emergenze strutturali, spesso senza la continuità che i cittadini a rischio richiederebbero.
L’assessora tra social e realtà
In questo scenario, l’assessora Maria D’Aniello però si muove con la felina destrezza di chi conosce bene la “grammatica dei social media”. Post, like e messaggi digitali scandiscono il suo attivismo virtuale, ma nella polis reale — etimologicamente “città degli uomini” — la sua azione appare alquanto avulsa dalla realtà. Una presenza più simbolica che sostanziale, utile a ribadire appartenenza politica, la logica dei numeri, meno a incidere concretamente sulle dinamiche profonde delle politiche sociali.
La politica che emargina le fragilità
Il paradosso è che il sistema, anziché includere, finisce per marginalizzare: le consortili diventano strumenti di potere, non di welfare. Gli esempi non mancano: il CDA di “Comunità Sensibile” è la fotografia di una politica di “nomina” che occupa spazi vitali alla progettazione sociale, neutralizzando di fatto le azioni degli assessori e le professionalità degli operatori. Così le fragilità restano spesso invisibili, i bisogni inevasi e gli episodi sempre più frequenti registrati ad Angri testimoniano la pericolosa deriva.
Un modello stanco da ripensare
Le politiche sociali rischiano di restare prigioniere di cliché novecenteschi, di “Pie Opere” e “finte Madonne” incapaci di evolversi. L’assenza di un presidio costante lascia terreno fertile all’emarginazione, mentre la politica preferisce il quieto vivere al confronto. Ad Angri, la realtà è nuda: la politica sociale, così com’è, genera paradossalmente invisibilità. E, in un gioco di specchi, chi dovrebbe dare voce alle fragilità finisce per essere solo un riflesso digitale pronto a catturare like e commenti stimolati.
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