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Il dramma. Lo spleen di Pagani e la solitudine dei giovani

La riflessione parte dall’ennesima tragedia che scuote la città e invita a ripensare i luoghi e le relazioni del vivere sociale.

Lo spleen di Pagani e la solitudine dei giovani

L’ennesima morte di un giovane trentenne a Pagani riporta alla luce un profondo spleen esistenziale che attraversa i giorni, un senso di smarrimento che nasce, troppo spesso, dall’assenza di un sano rapporto sociale condiviso, di una rete capace di accogliere e far aprire i giovani alla vita collettiva.

Sì, proprio la vita sociale: quella che si è smarrita dopo il Covid, quando tanti ragazzi hanno scelto di chiudersi nel ristretto spazio delle loro camerette, intrecciando rapporti virtuali, freddi, digitali, privi della percezione viva del tempo e dello spazio. Una socialità che si è dispersa, che ha sostituito il calore del contatto con l’illusione di una connessione costante.

Una generazione chiusa nel digitale

Noi giornalisti siamo costretti, ancora una volta, a raccontare di solitudine, di tristezza, della mancanza di prospettive che culmina con l’epilogo dell’ennesima tragedia. In un territorio densamente popolato come il nostro, si è paradossalmente sempre più soli. C’è il lavoro, c’è l’università, c’è la fatica del futuro incerto, ma manca l’esperienza concreta, la vita di strada, il senso di appartenenza, lo scambio di idee e i confronti. Così, al primo vero bivio della vita, molti si smarriscono e, per mutuare le parole di Rocco Scotellaro, qualcuno fatalmente “si distrae” e si perde.

Ricostruire le dinamiche, ritrovare l’impegno

È indispensabile ripensare i centri sociali, rilanciare la vita da scout, riaprire i circoli politici, rialzare le saracinesche dei luoghi di aggregazione. Serve costruire comunità, “fare sistema”, ritornare nuovamente a confrontarsi, a provare sentimenti, a corteggiare, a credere nei valori in ogni loro accezione. La rete offre solo certezze effimere e liquide, che scompaiono alla prima difficoltà.

Bisogna vivere il mondo nel migliore dei modi possibili”, scriveva Leibniz. È un’esortazione che deve essere presa come un atto di indirizzo morale per i giovani di oggi: riscoprire la poesia, il senso delle cose, l’impegno, la militanza, la passione per la lettura e per il pensiero critico. Scuola e università non devono più ridurli a semplici numeri, ma renderli protagonisti attivi, capaci di dialogare con i docenti, di animare il dibattito, di contribuire al metodo e alla ricerca in ogni disciplina.

Tornare alla vita reale

Non possiamo permettere che i giovani possano essere tenuti ostaggi di un mondo virtuale. Occorre restituire e proporre loro, un nuovo paradigma, la vita reale — quella fatta di sguardi, di errori, di abbracci, di idee che camminano insieme. Solo così, anche a Pagani, come altrove, potremo spezzare il silenzio della solitudine e ridare senso alla parola “comunità”.

Villaggio della prevenzione al Consorzio di Bonifica Sarno (video)

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Luciano Verdoliva
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