L’inchiesta sui compensi
La Corte dei conti ha aperto il processo per il presunto danno erariale da 3,6 milioni di euro relativo ai cosiddetti “portaborse” del Consiglio regionale della Campania. L’indagine riguarda gli anni compresi tra il 2019 e il 2022, periodo in cui coordinatori dei gruppi politici e segretari delle commissioni consiliari sarebbero stati retribuiti con indennità aggiuntive fino a 4 mila euro lordi al mese, in alcuni casi anche senza il titolo di laurea.
Secondo l’accusa, quelle posizioni avrebbero mascherato vere e proprie segreterie politiche dei consiglieri, generando spese ingiustificate a carico dell’ente.
Gli imputati e il nodo normativo
Sono 17 gli imputati tra consiglieri regionali e dirigenti, appartenenti sia all’area del centrosinistra sia del centrodestra. La Procura contabile, scrive “La Repubblica“, contesta una gestione impropria delle risorse pubbliche e un uso distorto delle indennità.
Al centro del dibattito processuale la nuova norma approvata dal Parlamento nel 2025, che estende ai consigli regionali la facoltà di determinare in autonomia le retribuzioni degli uffici di diretta collaborazione politica. Una disposizione che, secondo l’accusa, rischia di “sanare retroattivamente” anche i compensi contestati negli anni precedenti, vanificando l’azione di responsabilità.
Una vicenda che si ripete
Il tema dei compensi d’oro nel Consiglio regionale campano non è nuovo. Una sentenza della Corte costituzionale del 2019 aveva già dichiarato illegittime alcune retribuzioni, imponendo ai beneficiari la restituzione delle somme percepite. L’attuale processo, dunque, riporta all’attenzione pubblica un caso di gestione opaca delle risorse e di rapporti controversi tra politica e burocrazia.













