Dalle figure letterarie ai contesti sociali moderni, un viaggio nel coraggio femminile che la società continua troppo spesso a ignorare.
Una settimana simbolica
Il 25 novembre, data della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, sono iniziati i “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere” atti a promuovere la prevenzione e l’eradicazione di tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze. Quella appena trascorsa è stata la settimana delicata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Un momento simbolico che riporta al centro dell’attenzione una lunga e faticosa strada verso l’emancipazione femminile. Una strada che attraversa secoli di storia e lotte, troppo spesso costellata da episodi drammatici che colpiscono ancora oggi la condizione femminile. La parità di genere, pur scritta nelle leggi e declamata nei discorsi, resta spesso un concetto fragile, tradito nei fatti.
L’intelligenza di Eva e il peso di Adamo

Nella storia dell’umanità emerge sempre un tratto distintivo della “compagna di Adamo”: l’intelligenza intuitiva di ogni donna, quella capacità di leggere il mondo dove l’uomo, talvolta, si ferma davanti a contrapposizioni discutibili, conflitti inutili o dinamiche di potere che incidono sugli equilibri sociali ed economici. La donna, nei secoli, ha spesso rappresentato l’alternativa silenziosa, la soluzione non considerata, la forza che non ha bisogno di rumore per manifestarsi.
Donne tra forza e fragilità nella letteratura
Le figure letterarie offrono uno specchio profondo di questa complessità. C’è la Gertrude de I Promessi Sposi, costretta a un destino monacale, simbolo di una fragilità che diventa resistenza interiore. C’è Mirandolina, la locandiera di Goldoni, donna vivace e autonoma, capace di dominare un universo arcaico e maschile che la sottovaluta.
E poi c’è una delle figure femminili più forti del Novecento partenopeo: Assunta Spina, immaginata da Matilde Serao, che scriveva: «Le donne trovano sempre la forza di rialzarsi, anche quando la vita sembra non lasciar loro scampo.» Un concetto che descrive perfettamente il dramma e il coraggio di un personaggio che porta sulle spalle la violenza degli uomini e il peso della società, senza perdere comunque mai la sua dignità.
Ribellioni necessarie
La forza ribelle e intima di Nora, la donna di Ibsen che nella Casa di bambola ha il coraggio di chiudere la porta di casa per aprire quella della sua libertà. Il gesto più rivoluzionario del teatro moderno, un atto che ancora oggi pone interrogativi sulla capacità delle donne di liberarsi dalle gabbie sociali. E ancora la forza tragica descritta da Emily Brontë, quella resistenza estrema che accompagna alcune figure femminili fino all’ultimo respiro, trasformando il dolore in un testamento morale.
Oltre le celebrazioni: la forza è quotidiana
La forza femminile attraversa i secoli, ma rischia di essere banalizzata da celebrazioni che, se svuotate di contenuti, possono apparire come il tentativo di rispondere a un obbligo morale più che a una reale volontà di cambiamento. Le manifestazioni hanno senso solo se non diventano passerelle o riti di circostanza. La questione di fondo resta una: ogni donna possiede una forza propria, irriducibile e unica. Va riconosciuta, tutelata, rispettata. Non violata. Non spiegata agli uomini. Non giudicata.
La vera emancipazione non si celebra un giorno all’anno. Si pratica. Ogni giorno.
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