Verso il voto: si aprono gli “Stati di ansia”
Ora si va verso il voto delle amministrative e, come da copione, si aprono gli “Stati di ansia”. Angri si agita, si anima di voci e di ipotesi: si iniziano a sussurrare i nomi, a delineare identikit, a immaginare chi potrebbe sostituire questa imbarazzante classe amministrativa, ormai percepita da molti come logora e distante da ogni problematica cittadina. Si cerca, magari con qualche difficoltà, di abbozzare dei programmi, sforzandosi di avere finalmente una visione chiara delle cose da fare e da segnare sulle lavagnette dei social media manager e degli “spin doctor”.
Risorse autentiche e vasi comunicanti
In questo clima sospeso, sembrerebbe necessario – anzi, imprescindibile – coinvolgere nuove menti, persone che conoscano bene i vasi comunicanti e i reticoli nascosti della città, che ne abbiano vissuto le pieghe e i mutamenti, e che sappiano distinguere tra il reale e il raccontato. È il momento di comprendere davvero cosa sia diventato il nostro sistema locale, anestetizzato da oltre dieci anni di immobilismo, di parole farcite, svuotate di senso, spesso pronunciate con la disinvoltura di chi, come scriveva Italo Calvino, “cerca leggerezza come reazione al peso della vita”. Di chi ha fatto del proprio ruolo di amministratore un ammortizzatore sociale e null’altro. Una giunta, uno stipendificio.
Cosa resta dell’amministrazione
C’è da capire quali disfunzioni affliggono la macchina amministrativa, quale sia lo stato di salute delle casse comunali, quanto abbiano retto – o ceduto – le politiche sociali, i lavori pubblici, l’urbanistica, le politiche ambientali ed eccetera. È necessario puntare l’attenzione analitica anche verso le politiche ambientali, verso la gestione del patrimonio pubblico, verso tutte quelle risorse spesso dimenticate o piegate a un’utilità di breve respiro.
Chi si candida, e perché
Non è poca cosa per chi ambisce ad amministrare questa città. Chi oggi decide di candidarsi, forte solo di voti promessi e famiglie numerose, mosso magari da una volontà di visibilità, di referenzialità o di mera ostentazione, dovrebbe fermarsi a riflettere sul peso delle responsabilità che eventualmente dovrà sostenere. Forse bisognerebbe ripartire dalle competenze autentiche, dal sapere di chi vive il territorio quotidianamente, di chi ne ascolta incessante il battito: dalle estreme periferie alle aree pedemontane, senza lenti deformanti. Ammoniva Antonio Gramsci, “istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, e mai come ora questo monito sembra urgente.
Un sentiero da percorrere, non da osservare
Non è una missione impossibile né tanto meno un irto cammino di Santiago, ma certamente è un sentiero impervio, accidentato, che richiede non solo buone intenzioni, ma anche la capacità e forza di guardare oltre il contingente. Mettersi al servizio della città richiede una volontà ferma, capace di resistere al richiamo dei numeri, che troppo spesso offusca la luce fioca della volontà e dei programmi immaginati in campagna elettorale.
Fuori i programmi, dentro la città
Domani sarà un giorno migliore, forse. Ma solo se c’è il coraggio di non accontentarsi di raccontarlo durante la campagna elettorale. Per chi vuole mettersi al timone della città è ora che escano fuori i programmi veri. Questo paese non può più essere governato con la logica intermittente delle comparsate, dei selfie, delle messe in posa e delle frasi fatte. Ha bisogno di essere vissuto h24, ascoltato e amministrato con dedizione continua, con la serietà e la passione di chi ha deciso di esserci sempre, e non solo in campagna elettorale o nel suo tempo libero dal lavoro.