Un mandato lungo undici anni
Cosimo Ferraioli ha da poco tagliato il traguardo dell’undicesimo anno da sindaco di Angri. Una longevità politica rara nel panorama locale, che lo colloca tra i primi cittadini più duraturi nella storia amministrativa della città. Ma la ricorrenza non ha il sapore della festa: ad accompagnarla sono riflessioni amare, critiche persistenti e l’immagine di una città stanca e oppressa dal degrado e dall’insicurezza.
Un sindaco competente ma solo
Ferraioli, tecnico esperto e già responsabile a Corbara, dove ha contribuito alla realizzazione di opere rilevanti come l’Urban Center e la scuola locale, ha sempre mostrato competenze professionali e abilità relazionali indiscutibili. Tuttavia, queste qualità si sono spesso scontrate con la debolezza della sua giunta, ritenuta da molti osservatori e opposizioni non minimamente all’altezza del suo profilo. Una squadra giudicata inadeguata che ha reso l’azione amministrativa incerta, farraginosa e in alcuni casi inefficace.
Una città da rifondare
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la macchina comunale annaspa e appare oggi paralizzata, priva di programmazione e incapace di dare risposte concrete anche nei settori più semplici. Dall’emergenza rifiuti, che soffoca le strade cittadine, fino al vuoto nelle politiche sociali, la qualità della vita ad Angri è in evidente declino. La prossima amministrazione dovrà necessariamente rifondare l’intero impianto burocratico, rivedere le posizioni di responsabilità e definire atti di indirizzo chiari e coerenti, controllare i processi amministrativi.
L’illusione dei numeri e l’assenza di un progetto
Ferraioli ha spesso governato sorretto da una maggioranza numerica più che da una reale visione condivisa. Oggi appare, claudicante, politicamente isolato, e le criticità accumulate richiedono ben altro che la sola guida del timoniere. Non basta più l’esperienza individuale: servono persone competenti, che abbiano di base visione, lungimiranza e capacità di programmazione.
Eppure il sindaco non sembra cedere in prospettiva futura. Sul suo taccuino — rigorosamente non ufficiale — ci sarebbero già annotanti già tre possibili nomi per la successione, a conferma di una regia che vorrebbe ancora incidere. Ma forse è tardi per destarsi, perché — come in gran parte delle coalizioni locali — manca ancora un progetto credibile, una visione forte intorno a un nome e a una squadra in grado di reggere il confronto con le sfide reali.
Una nuova e necessaria pagina
La città non ha bisogno solo di un cambio di nome sullo scranno più alto di Palazzo di Città. Serve una svolta: voltare pagina nel metodo, nella macchina comunale, nella capacità di ascoltare e fare sopratutto pace con la cittadinanza. Si deve pensare a un’amministrazione che non rincorra le emergenze ma che sappia prevenirle, che non viva di ordinaria gestione ma che torni a credere nella progettazione come atto di indirizzo politico e civile.
L’eredità che lascia Ferraioli è fatta di luci e tante ombre, ma il compito dei sostituti non può essere solo quello di prendere il testimone: dovrà, semmai, avere alla base dell’impegno il coraggio di invertire la rotta. E per farlo, non basterà pescare un nome all’ultimo momento o costruire coalizioni improvvisate fatte di numeri di votanti. Servirà tempo, visione, concretezza. E soprattutto, servirà una cittadinanza disposta a riconoscere che il futuro non si eredita: si costruisce, interagendo insieme prendendo il meglio.
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