Il Santo che veglia sulla comunità: memorie e fede nella festa di San Giovanni Battista
Angri. Ogni anno, la festa di San Giovanni Battista riporta, in un certo senso, indietro nel tempo, tra le pieghe dolci della memoria e le radici più profonde della tradizione. È come se un sipario si aprisse sulla scena di un’Angri antica, fatta di bambini con i pantaloni corti e ginocchia sbucciate, pronti a rincorrere la statua del Santo, rapiti dallo splendore del suo manto, ricoperto, allora, di banconote in lire, simbolo di devozione semplice ma intensa e protetto da Mimì il vigile. Era un momento di raccoglimento autentico, che vibrava soprattutto nelle campagne, dove San Giovanni veniva atteso con rispetto e amore: lì si offrivano i primi frutti dell’estate, un’estate allora più mite, meno aggressiva, più in armonia con i ritmi lenti della terra.
Il Santo sostava in punti precisi della vasta campagna, allora fertile e viva, e in quei luoghi si consumavano attimi di gioia e convivialità condivisa tra gli organizzatori della processione e i contadini, uomini e donne legati alla terra, che sentivano il passaggio del Battista come una benedizione, come un gesto che proteggeva i raccolti e rinsaldava la comunità. La festa, antica e propiziatrice, si tramandava da secoli, e portava con sé una connotazione quasi magica, in simbiosi con il solstizio d’estate, quando il sole sembra fermarsi e la luce si fa promessa.
I bambini, tra un gioco e l’altro, con il viso arrossato e bagnato di sudore, gridavano e invocavano il Santo nero dal manto rosso, figura solenne che incuteva un timore reverenziale, ma che allo stesso tempo rappresentava l’immagine piena della protezione. San Giovanni Battista è stato da sempre considerato il guardiano, il protettore, colui che apriva la processione durante le calamità, quasi a fendere le paure con la sua presenza silenziosa, e che nella quiete della sua cripta laterale nella splendida Collegiata, sapeva ascoltare e consolare.
Tutti, nel tempo, si sono confidati con lui. Il Santo è diventato un amico discreto, un motivatore dell’anima, un tramite che intercede presso il divino. Il Battista del Giordano, l’uomo del deserto, è stato reinterpretato nei secoli, ma ha sempre mantenuto il suo ruolo centrale: colui che passa, e nel passare, lascia sicurezza e protezione.
Gioventù vitale
Oggi lo accompagnano i giovani, chiassosi e vitali, a bordo di motorini e scooter, pronti a esternare la loro gioia e “festanza” sottolineati da una coreografia di suoni, motori e scoppi d’entusiasmo.
La simbologia
La festa conserva intatto il suo spirito, il suo legame profondo con la città fatta di simboli e leggende. Si dice che all’alba del 24 giugno, levando gli occhi al cielo si possono scorrere nel cielo due nuvole leggere che scivoleranno via, quasi in fuga dai primi raggi del sole. Sarebbero Erodiade e Salomè, madre e figlia, condannate a vagare nell’aria del mattino, invaghite – invano e per sempre – di Giovanni il Battista. Le fanciulle del desiderio e della colpa, respinte dal Santo, inseguono un amore impossibile che si dissolve ogni giorno tra le prime luci dell’aurora.
Le luminarie, che si intrecciano come fili d’oro nel cielo notturno, non sono solo decorazioni: sono riti di luce, gioco sacro che indica al Santo la via sicura del ritorno verso la sua Collegiata, dopo giorni intensi di peregrinazione lungo le strade del paese.
Da Monte a Valle, i fedeli sono pronti all’emozione, a lasciare cadere una lacrima, a confidare in quel rito immaginato e sperato che si ripete da secoli: che San Giovanni possa ancora una volta posare la sua mano divina, e ricordarci che, anche nei tempi più incerti, Lui c’è. Veglia. Protegge. Ama.
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