Una strage che non si arresta
Secondo quanto riportato da Il Manifesto, il lavoro insicuro continua a mietere vittime. In poche ore, tre operai hanno perso la vita in altrettanti incidenti, alimentando una tragica lista destinata ad allungarsi. Un dipendente di una ditta di smaltimento rifiuti di Sant’Antonio Abate, è rimasto incastrato in un nastro trasportatore della linea di smaltimento rifiuti. Un 22enne è morto a Maniago, in provincia di Pordenone, a causa dell’esplosione di uno stampo d’acciaio mentre lavorava. Infine un 38 anni, padre di una bambina di tre anni, è stato travolto da un autoarticolato mentre predisponeva la segnaletica per un cantiere sulla A1 nei pressi di Orvieto.
Dati allarmanti e denuncia sindacale
I numeri diffusi dall’Inail parlano di un 2024 drammatico: oltre mille morti sul lavoro nel corso dell’anno precedente e 45 decessi solo a gennaio, con un incremento del 36,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Tra questi, 14 sono avvenuti in itinere, cioè durante il tragitto casa-lavoro. Il Manifesto riporta le parole della segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David, che denuncia «una strage infinita causata dal risparmio a ogni costo, dalla fretta, dalla precarietà e dalla mancanza di controlli». La sindacalista sottolinea che senza un cambio di paradigma e senza mettere al centro la sicurezza e i lavoratori, la strage non si fermerà. Anche la Uil, con Ivana Veronese, chiede un intervento urgente: «Quanti lavoratori dovranno ancora morire prima che questa tragedia venga riconosciuta come emergenza nazionale?».
Politica e giustizia alla prova dei fatti
La politica è chiamata a dare risposte, ma finora ha mostrato scarsa reattività. La segretaria del Pd, Elly Schlein, accusa il governo di non aver mai risposto agli appelli dei sindacati, mentre Andrea Quartini (M5S) chiede alla ministra del Lavoro Marina Calderone di riferire in Parlamento. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, propone un tavolo con i sindacati per affrontare il problema. Nel frattempo, il procuratore di Prato, Giuseppe Nicolosi, ha inviato una lettera ai ministeri del Lavoro e dell’Interno dopo le indagini sulla strage nel deposito Eni di Calenzano (cinque vittime), evidenziando falle nei protocolli di sicurezza. Secondo la magistratura, l’incidente è stato aggravato dall’assenza di una separazione tra le operazioni di manutenzione e il rifornimento delle autobotti, una pratica comune in tutti i depositi Eni. Il lavoro insicuro continua a essere una piaga del Paese, mentre si attende ancora un’azione concreta per fermare questa scia di sangue.
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