“Nel presepe l’architettura della speranza”: il Vescovo Giudice parla alla città, L’incontro nella Cattedrale di San Prisco
Questa mattina, nella Cattedrale di San Prisco, a Nocera Inferiore, si è svolto il tradizionale Discorso alla Città, pronunciato dal Vescovo Giuseppe Giudice. L’evento ha visto la partecipazione dei sindaci del territorio diocesano, delle autorità militari, di numerosi rappresentanti della società civile e laicale e di una folta delegazione di studenti, tra cui i ragazzi della Biblioteca del Liceo Sensale e dell’Istituto “Marconi”.
Il presepe come visione urbana
Il titolo scelto quest’anno, “Nel presepe l’architettura della Civiltà della Speranza”, ha offerto una chiave di lettura originale e profonda, capace di connettere la riflessione spirituale con una visione concreta dell’urbanistica. In uno dei passaggi centrali del suo discorso, il Vescovo ha sottolineato come il presepe, se liberato dal solo significato mistico e decorativo, possa diventare modello di ispirazione per la costruzione delle nostre città.
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“Costruzioni nate per non essere abitate”
“Dall’architettura del presepe possiamo molto imparare – ha detto il Vescovo – per la costruzione, o riqualificazione, delle nostre città, a volte agglomerati confusi, dove si fa fatica a respirare, mortificando la qualità della vita”. Una critica netta a interi comparti urbani nati sotto il segno dell’improvvisazione: “Le tante edilizie sociali o popolari e altre costruzioni tirate su in fretta per non essere abitate, nate forse con buone intenzioni, si sono rivelate fallimentari, ghetti senza servizi e vivibilità”.
Bellezza come vocazione civile
In chiusura, il Vescovo ha indicato una direzione di riscatto: “L’architettura del presepe, costruita con passione, può contribuire al ben-essere delle nostre realtà abitative: luoghi vivibili, spazi adeguati, dove ognuno può esprimere al massimo la sua vocazione alla bellezza”. Un messaggio che unisce spiritualità e cittadinanza, e rilancia la sfida della bellezza come fondamento della convivenza urbana.